Poco tempo fa stavo tendendo un corso ITIL Foundation e al termine un alunno mi ha detto “comunque questo a breve non servirà più perché adesso c’è il cloud“. Non ricordo le parole esatte ma il senso era questo. In quel momento gli ho spiegato che non è così e che cambia solo chi applica cosa. Ci ho ripensato un po’ su e credo che questo pensiero sia comune a molti, adesso c’è il cloud e le cose sono diverse.
ITIL (più correttamente l’ITSM in generale) e cloud computing vanno molto d’accordo fra di loro, anzi se volete il cloud computing, anche se si chiama in un modo diverso e con un nome molto meglio indirizzato al marketing di quello che è l’IT Service Management, è proprio un’espressione dell’ITSM. Alcuni penseranno “ma che cavolo sta dicendo questo?”. In parte avevo affrontato questa cosa in un vecchio post proprio sul cloud computing. Qui ho inserito la spiegazione dei servizi secondo ITIL, comunque riporto la definizione di servizio di ITIL:
“Un servizio è un mezzo attraverso il quale fornire valore ai clienti, facilitando il raggiungimento dei risultati che essi vogliono conseguire senza che se ne assumano i relativi costi e rischi.”
Riporto anche la definizione di cloud computing data dal NIST:
“Cloud computing is a model for enabling ubiquitous, convenient, on-demand network access to a shared pool of configurable computing resources (e.g., networks, servers, storage, applications, and services) that can be rapidly provisioned and released with minimal management effort or service provider interaction.“
Qui (Special Publication 800-145 – The NIST Definition of Cloud Computing) trovate il documento completo del NIST sulla definizione di cloud computing.
La definizione di cloud computing del NIST è più specifica di quella di servizio ed è legata di più a aspetti “tecnici” se volete, infatti fa esempi di networking, storage, ecc. però il concetto di fondo che c’è sotto è il medesimo, cioè nell’ITSM così come nel cloud computing pago (monetariamente o sotto altra forma) un service provider per avere un qualche cosa (i servizi appunto) disinteressandomi di quello che c’è dietro e che serve per farlo funzionare. Esempio semplice lo storage in cloud. Acquisto un servizio in cloud per fare storage dei dati e fare i back-up, faccio un dimensionamento di quanto sono le mie necessità come organizzazione e acquisto lo spazio, diciamo 10 TB e faccio il mio acquisto, quindi per me non esistono più SAN per queste attività. Intanto io cliente dei servizi in cloud ho fatto una progettazione di mie necessità, quindi ho applicato concetti di ITSM quello che è cambiato che una parte di attività non le faccio più e le prendo dal fornitore di servizi in cloud, nello specifico dello storage.
Adesso entriamo nel service provider e vediamo un po’ lui cosa fa’. Ha noi come cliente ma ha sicuramente altri clienti che richiedono spazio di storage. Intanto avrà fatto un’analisi strategica per dire in che settore essere presente e in cui si va a specializzare. Avrà una connessione di rete sicuramente ma poi i dati dove li va ad inserire? Beh questi dati dei clienti dovrà pur metterli da qualche parte, quindi avrà dei grossi sistemi di SAN con dimensioni dell’ordine di decine di PB (petabyte). Sicuramente riesce ad effettuare delle economie di scala che noi non potremmo avere con soli 10 TB così come capacità di espansioni rapide di necessità. Questo cosa significa? Che semplicemente con il cloud computing si sta avendo una separazione più netta fra che cosa fa il cliente e cosa fa il service provider ma la totalità in realtà non cambia.
L’alunno del mio corso in realtà vedeva che sparivano cose, non più server, non più storage ecc. Questo è vero solo in parte, si spostano non spariscono e magari si trasformano; non avremo più un server fisico ma uno virtualizzato in cloud, ma sotto un server fisico con un processore, uno storage, ecc. c’è sempre. Quello che personalmente penso è che è importante farsi delle domande e capire, se si capisce tutta la filiera la riusciamo a governare e non la subiamo.